TERAMO – Tagli economici e Riforma Gelmimi: l’Ateneo teramano si interroga sul suo futuro. Stamattina i presidi delle 5 Facoltà, insieme ad una rappresentanza di ricercatori e di studenti dell’Università di Teramo, hanno organizzato un convegno per riflettere insieme sulle ripercussioni che le nuove leggi nazionali stanno avendo sulla realtà teramana. Il preside di Veterinaria e prorettore dell’Ateneo Fulvio Marsilio, che ha annunciato l’organizzazione di altri incontri simili, ha fatto il punto sulla questione tagli, che, per l’anno in corso, ammontano al 10%, circa 2 milioni e mezzo di euro in meno rispetto allo scorso anno. "Non siamo in condizione di pianificare il futuro – ha spiegato Marsilio – in più c’è il blocco del turn over che impedisce l’evoluzione delle carriere". Se a questo si aggiunge che il 90% del bilancio dell’Ateneo, come accade anche per altre Università italiane, è occupato dalla spesa per il personale dipendente, i conti sono presto fatti: si è costretti a tagliare su tutto, compresa la ricerca, ma anche sugli aspetti apparentemente più banali. Non è un caso, infatti, se l’Università ha stabilito la chiusura delle sedi il sabato, al fine di risparmiare sulle bollette di luce e gas. I presidi hanno anche illustrato i dati relativi all’Ateneo, per smentire alcune voci, come ad esempio quella relativa al calo degli iscritti. E’ emersa anche una particolarità dell’Ateneo: a Teramo i ricercatori rappresentano il 53% del totale del personale docente, quindi una loro precarizzazione avrebbe un impatto decisamente significativo. I ricercatori hanno portato le loro testimonianze, spiegando che, nonostante la ripresa dell’attività didattica in tutte le Facoltà, continua il loro stato di agitazione che consiste dall’astenersi dal tenere le lezioni. Lucia Sciannella, rappresentante della categoria, ha chiesto l’apertura di un tavolo di trattative con i vertici dell’Ateneo. Non sono mancate anche le voci "fuori dal coro": Claudio Losterzo, professore associato di Agraria, ha invitato tutti a riflettere sulla "polverizzazione" delle sedi dell’Ateneo, che avrebbe troppe sedi rispetto al numero degli studenti (7395). Il professore ha paventato un’ulteriore razionalizzazione dell’offerta formativa, "armonizzando" i corsi a livello regionale. "Visto che la Facoltà di Biotecnologie di Teramo e quella de L’Aquila stanno soffrendo – ha proposto – perchè non pensare ad una forma di collaborazione tra i due Atenei, con l’organizzazione di un triennio a Teramo e la specialistica a L’Aquila?".
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